Dimensioni e colorazione del mantello presentano una notevole variabilità in relazione alle numerose sottospecie esistenti: 32 secondo Mech (1970), di cui 24 nordamericane e 8 euroasiatiche. Attualmente si tende tuttavia a considerarne valido un numero inferiore di forme sottospecifiche. Alla popolazione italiana di lupo era stato riconosciuto lo status di sottospecie (Canis lupus italicus Altobello, 1921), tuttavia attualmente, nonostante il Lupo italiano presenti alcune caratteristiche, sia morfologiche sia genetiche, differenti dalle altre popolazioni europee, esso non viene considerato come sottospecie a se stante (Boitani, 1992). Il lupo è monogamo e le coppie possono restare unite per molti anni o per tutta la vita utilizzando le stesse tane e gli stessi territori di caccia. Generalmente i giovani restano con i genitori per un periodo variabile, di solito comunque fino al raggiungimento della maturità sessuale, cioè intorno ai due anni. In questo modo durante la stagione riproduttiva si formano gruppi familiari costituiti da individui adulti, sub-adulti e cuccioli, caratterizzati da una precisa struttura gerarchica, e nei quali i membri sono uniti da forti legami affettivi. Ciascun gruppo occupa un territorio la cui estensione è funzione di numerosi fattori fra cui la densità e la distribuzione delle prede, la competizione intraspecifica ecc., e i cui confini vengono delimitati per mezzo di frequenti marcamenti ottenuti depositando urina o escrementi su punti particolarmente evidenti (pietre, cespugli, ceppi, ecc.). Il lupo è tipicamente un predatore di grossi erbivori, tuttavia molte altre componenti possono entrare più o meno regolarmente nella sua dieta, in particolare micromammiferi, lagomorfi, invertebrati e persino frutta e bacche, senza dimenticare naturalmente, laddove siano presenti, il bestiame domestico e i rifiuti, a dimostrazione della capacità della specie di sfruttare appieno le risorse disponibili. Grazie alla sua straordinaria adattabilità è in grado di sopravvivere in ambienti con caratteristiche estremamente diversificate, dalle tundre artiche ai deserti sassosi del Medio Oriente.
Le analisi statistiche sono state condotte sulle quattro classi di presenza per il Lupo
accorpandole successivamente in modo da creare differenti raggruppamenti, dei quali solo
alcuni sono stati utilizzati per la formulazione dei modelli di vocazione:
Raggr A = 4 Classi di presenza ( 0, 1, 2, 3)
Raggr B = 2 Classi di presenza (0 e 1= 1+2+3)
Raggr C = 2 Classi di presenza (1= 0+1 e 2= 2+3)
Raggr D = 3 Classi di presenza (1= 0+1, 2, 3)
Raggr E = 3 Classi di presenza (0, 1 e 2= 2+3)
Raggr F = 2 Classi di presenza (0= 0+1+2 e 3)
La scelta dei raggruppamenti dipende soprattutto dall’interesse specifico in relazione alle
finalità del modello: per scopi gestionali è preferibile ottimizzare l’efficienza
nella classificazione di zone di assenza e presenza, mentre per scopi di ricerca scientifica
può essere più interessante ad esempio identificare le componenti ecologiche che
caratterizzano un’area riproduttiva.
E’ stata condotta l’analisi di funzione discriminante con procedura stepwise
sul raggruppamento C, cioè aree idonee (n= 28) o non (n= 37) alla presenza
regolare della specie. Nella funzione sono state forzate 4 variabili previa
selezione tramite le analisi preliminari sia univariate sia multivariate (Tab.
14-I). Le variabili sono: il perimetro degli arbusteti, il perimetro dei prati
e dei pascoli, l’indice di diversità di Shannon complessivo e il disturbo
antropico. I dati relativi alle componenti faunistiche (ungulati selvatici e
domestici) sono stati volutamente esclusi dall’analisi perchè si voleva
fornire una valutazione riferita alla potenzialità dell’ecosistema che
prescindesse, ad esempio, da situazioni di scarsità di popolazioni di
prede selvatiche nonostante che il territorio fosse idoneo a sostenere abbondanti
popolazioni di ungulati selvatici ma per motivi di prelievo venatorio fosse
attualmente povero di tale risorsa. In questo modo porzioni di territorio con
popolazioni scarse o assenti di alcune specie di prede selvatiche (es. Capriolo
in provincia di Piacenza) non dipendenti dalla reale capacità del territorio
nel sostenere tali popolazioni, hanno potuto essere valutate senza tenere di
conto di eventuali anomalie dovute al prelievo venatorio o a differenti strategie
di gestione degli ungulati selvatici. Se nella formulazione dei modelli si fossero
utilizzate anche le variabili relative alle classi di abbondanza degli ungulati
selvatici, si sarebbero sottostimate le idoneità di tali aree e sovrastimate
quelle di altre aree in cui le popolazioni di ungulati selvatici avevano raggiunto
un equilibrio. Il modello (Tab. 14-I) ha classificato correttamente il 75,5%
dei casi di non idoneità alla presenza regolare della specie, il 73,5%
di quelli di idoneità ed il 74.62% dei casi totali. La funzione spiega
il 100% della variabilità dei dati e il test del chi-quadro è
risultato altamente significativo (p= 0). Il grado di vocazione del territorio
è stato definito utilizzando tre livelli, corrispondenti ai rispettivi
valori di probabilità di appartenenza della cella al gruppo 2:
1) Vocazione nulla o molto bassa
(= Elevata probabilità di assenza o presenza irregolare della specie):
probabilità <50%
2) Vocazione media
(= Elevata probabilità di presenza regolare della specie): probabilità
50-95%
3) Vocazione alta
(= Elevata probabilità di presenza regolare e riproduzione della specie):
probabilità >95%
Tab. 14-I - Modello per il Lupo a due classi, idoneità "contro
idoneità".
Variabile | Coefficienti standardizzati della Funzione Discriminante |
Colt_per | -0.38 |
Prapasc | 0.61 |
Fraar312 | 0.08 |
Shboscor | 0.57 |
Totbos | 0.30 |
Cesparb | 0.20 |
Zon_impr | -0.23 |
Tess_urb | -0.51 |
Svilstra | -0.38 |
Altmax | 0.03 |
Coefficienti di correlazione tra le variabili |
|
Totbos | 0.51 |
Colt_per | -0.43 |
Tess_urb | -0.43 |
Shboscor | 0.36 |
Svilstra | -0.27 |
Fraar312 | 0.22 |
Prapasc | 0.19 |
Zon_impr | -0.11 |
Cesparb | -0.07 |
Altmax | 0.02 |
Diagnostiche | |
Autovalore | 0.60 |
Variabilità spiegata | 100 |
Correlazione Canonica | 0.61 |
c2 | 64.16 |
Livello di significatività | 0.000 |
Tab. 15-I - Danni al bestiame attribuiti a canidi in provincia di Piacenza
negli anni dal 1986 al 1993.
Comune | 1986 | 1987 | 1988 | 1990 | 1993 | Totale |
Corte Brugnatella | 0 | 0 | 0 | 0 | 3 | 3 |
Ferriere | 0 | 0 | 0 | 5 | 0 | 5 |
Ottone | 119 | 14 | 4 | 42 | 0 | 179 |
Piozzano | 0 | 0 | 0 | 0 | 8 | 8 |
Totale | 119 | 14 | 4 | 47 | 11 | 195 |
Le località maggiormente interessate dalle predazioni sono state Artana e M.te Zucchello nel territorio comunale di Ottone. I transetti effettuati per rilevare la presenza recente del Lupo in quest’area hanno dato tutti esito negativo, così come le interviste e le raccolte di informazioni effettuate direttamente sul territorio. Nella provincia di Parma, invece, le predazioni risultano sostanzialmente stabili nel triennio 1994-1996, con una differente localizzazione geografica delle denuncie di danno, distribuite in 6 comuni nel 1994 e solo in 3 nel 1996 (Tab. 16-I). Le località maggiormente interessate dall’ attività predatoria del Lupo sul bestiame sono state nel 1994 Campo Roberto, Case Gallina e Trevignano nei comuni di Albareto, Berceto e Palanzano. Nel 1996 le predazioni sono avvenute prevalentemente nelle località di Basilica e Riva Scalzana, nel territorio comunale di Borgotaro. I transetti percorsi nelle zone di Berceto, Borgo Val di Taro, Monchio delle Corti e Palanzano hanno permesso di ritrovare feci, tracce, impronte e altre evidenze (avvistamenti, segnalazioni ecc.) della presenza del Lupo. Per la provincia di Reggio Emilia le predazioni nel triennio considerato sono avvenute principalmente nel territorio comunale di Villaminozzo, in località Asta e Riparotonda (Tab. 17-I). I dati sulle predazioni potrebbero esser sovrastimati a causa dell'incidenza della predazione sul bestiame da parte di cani vaganti che, in alcune aree, hanno una consistenza significativa (Borgo Val di Taro e Berceto in provincia di Parma). Per quanto riguarda i 5 transetti percorsi nella provincia di Reggio Emilia, solo quelli effettuati nelle località di Villa Minozzo e Ramiseto hanno dato risultati positivi. Per la provincia di Modena i dati raccolti sono relativi al periodo dal 1988 al 1996. Durante tale arco di tempo le predazioni sono state prevalentemente a carico di Ovini nei comuni di Pievepelago e Frassinoro (Tab. 18-I). In località Piandelagotti (il Macchione) si sono verificate predazioni anche a carico di Bovini. Lungo i transetti si sono rilevate tracce di presenza del Lupo soprattutto lungo i crinali; in particolare al confine tra le province di Modena, Reggio-Emilia e Lucca al passo del Giovarello, ed al confine tra Modena, Bologna e Pistoia in località Croce Arcana/M.te Spigolino. Tali evidenze della presenza del Lupo erano però scarse e discontinue durante il periodo di studio. In provincia di Bologna il pascolo brado è scarsamente rappresentato nei territori al di sopra degli 800 metri e localizzato nel comune di Lizzano in Belvedere nelle zone di crinale intorno al Corno alle Scale. I casi di predazione osservati (Tab. 19-I) si riferiscono ad allevamenti di collina e sono difficilmente attribuibili al Lupo, bensì più facilmente a cani vaganti. La presenza del Lupo anche in questa provincia è irregolare e localizzata soprattutto nella valle della Segavecchia, intorno al lago di Brasimone e nell’alta val di Savena. In provincia di Forlì-Cesena la maggiore diffusione del pascolo brado, soprattutto ovino, si riscontra nell’alta valle del Savio, nei comuni di Verghereto e Bagno di Romagna, nei quali infatti si riscontra la maggior parte dei danni (Tab. 20-I).
Tab. 16-I - Danni al bestiame attribuiti a canidi in provincia di Parma
negli anni dal 1994 al 1996.
Comune | 1994 | 1995 | 1996 | Totale |
Albareto | 12 | 0 | 0 | 12 |
Bedonia | 0 | 7 | 7 | 14 |
Berceto | 21 | 7 | 9 | 37 |
Borgo Val di Taro | 9 | 11 | 45 | 65 |
Corniglio | 12 | 0 | 0 | 12 |
Monchio delle Corti | 16 | 0 | 0 | 16 |
Palanzano | 18 | 0 | 0 | 18 |
Totale | 88 | 25 | 61 | 174 |
Tab. 17-I - Danni al bestiame attribuiti a canidi in provincia di Reggio
Emilia negli anni dal 1994 al 1996.
Comune | 1994 | 1995 | 1996 | Totale |
Castelnovo nei Monti | 0 | 0 | 0 | 0 |
Collagna | 2 | 0 | 0 | 2 |
Ramiseto | 14 | 0 | 0 | 14 |
Villa Minozzo | 51 | 120 | 27 | 198 |
Totale | 67 | 120 | 27 | 214 |
Tab. 18-I - Danni al bestiame attribuiti a canidi in provincia di Modena
negli anni dal 1988 al 1995.
Comune | 1988 | 1989 | 1990 | 1991 | 1992 | 1993 | 1995 | Totale |
Fiumalbo | 0 | 0 | 0 | 0 | 10 | 4 | 0 | 14 |
Frassinoro | 0 | 29 | 0 | 33 | 2 | 25 | 4 | 93 |
Lama Mocogno | 0 | 16 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 16 |
Montese | 0 | 4 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 4 |
Pavullo | 0 | 0 | 0 | 31 | 0 | 0 | 0 | 31 |
Pievepelago | 9 | 11 | 24 | 23 | 8 | 30 | 4 | 109 |
Riolunato | 5 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 5 |
Zocca | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 49 | 0 | 49 |
Zola Predosa | 0 | 43 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 43 |
Totale | 14 | 103 | 24 | 87 | 20 | 108 | 8 | ## |
Tab. 19-I - Danni al bestiame attribuiti a canidi in provincia di Bologna
negli anni dal 1990 al 1996.
Comune | 1990 | 1992 | 1993 | 1994 | 1995 | 1996 | Totale |
Casalfiumanese | 0 | 0 | 28 | 63 | 3 | 0 | 94 |
Castel d'Aiano | 0 | 0 | 3 | 0 | 0 | 0 | 3 |
Castel del Rio | 0 | 0 | 0 | 5 | 0 | 4 | 9 |
Castel S. Pietro | 0 | 0 | 0 | 20 | 0 | 0 | 20 |
Dozza | 0 | 0 | 12 | 0 | 0 | 0 | 12 |
Gaggio Montano | 0 | 0 | 0 | 0 | 32 | 0 | 32 |
Grizzana Morandi | 15 | 10 | 8 | 0 | 0 | 0 | 33 |
Loiano | 0 | 8 | 0 | 0 | 0 | 0 | 8 |
Monte S. Pietro | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 7 | 7 |
Monterenzio | 16 | 0 | 13 | 27 | 0 | 6 | 62 |
Monzuno | 13 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 13 |
Pianoro | 0 | 6 | 0 | 0 | 0 | 0 | 6 |
Totale | 44 | 24 | 64 | 115 | 35 | 17 | 299 |
Tab. 20-I - Danni al bestiame attribuiti a canidi nei comuni montani
della provincia di Forlì-Cesena negli anni 1993-1996.
Comune | 1993 | 1994 | 1995 | 1996 | Totale | |||||
Bovini | Ovini | Bovini | Ovini | Bovini | Ovini | Bovini | Ovini | Bovini | Ovini | |
Bagno di Romagna | 2 | 14 | 0 | 9 | 2 | 13 | 1 | 38 | 5 | 74 |
Portico-S.Benedetto | 0 | 16 | 0 | 10 | 0 | 3 | 0 | 0 | 0 | 29 |
Premilcuore | 2 | 11 | 1 | 8 | 0 | 7 | 0 | 15 | 3 | 41 |
Sarsina | 0 | 6 | 0 | 6 | 1 | 7 | 1 | 3 | 2 | 22 |
S. Sofia | 0 | 0 | 3 | 5 | 5 | 3 | 3 | 2 | 11 | 10 |
Tredozio | 0 | 6 | 1 | 7 | 1 | 24 | 1 | 0 | 3 | 37 |
Verghereto | 0 | 51 | 2 | 48 | 0 | 47 | 0 | 40 | 2 | 186 |
Totale | 4 | 104 | 7 | 93 | 9 | 104 | 6 | 98 | 26 | ## |
Come già evidenziato in altri studi italiani (Meriggi et al., 1991, 1996) la predazione sui bovini ha interessato in larga misura vitelli di età non superiore a un mese; E’ stato infatti più volte sottolineato come i vitelli siano accessibili ai lupi quasi solamente nelle primissime settimane di vita, in quanto già dopo le prime due settimane vengono inclusi nella mandria la quale esercita una difesa attiva nei confronti dei predatori. In generale gli ovini vengono preferiti per le loro dimensioni e per il fatto che, a differenza dei bovini, non sono in grado di elaborare una valida strategia antipredatoria. In alcune aree (Appennino Tosco-Romagnolo) (Matteucci, ined.) è stato osservato che i risultati emersi dall’analisi della dieta appaiono in contrasto con quelli relativi ai danni alla zootecnia, infatti a fronte di una presenza quasi irrisoria del bestiame nella dieta ( circa il 3% in volume) si registrano invece danni piuttosto consistenti, soprattutto a carico degli ovini. Inoltre è stato rilevato che la maggioranza dei danni si è verificata in prossimità di centri o casolari abitati, a modesta altitudine e in aree in generale piuttosto antropizzate, fatto che farebbe ragionevolmente ipotizzare che molti dei danni siano stati provocati da cani vaganti, intendendo con questo termine soprattutto cani di proprietà privi di efficace controllo. E’ probabile quindi che l’applicazione di misure atte ad aumentare il livello medio di controllo cui sono sottoposti i cani di proprietà, soprattutto di razze da pastore e da caccia, potrebbe portare in breve tempo ad una sensibile riduzione dei danni. Da questo punto di vista l’anagrafe canina, già istituita in ambito regionale, prevedendo l’obbligo dell’apposizione sul cane di un tatuaggio indelebile che permette l’identificazione del proprietario risulta indubbiamente l’intervento più efficace, purchè ovviamente sia accompagnato da un valido sistema di verifica del grado di applicazione della legge. Se quindi con ogni probabilità una parte non trascurabile dei danni va attribuita a cani, va inoltre osservato che molte aggressioni si verificano in condizioni di carente o inesistente custodia. E’ stata al contrario più volte sottolineata l’efficacia dei cani da pastore nel prevenire o limitare i danni alla zootecnia causati da lupi nella maggior parte delle situazioni (Green e Woodruff, 1983; Green et al., 1984). Ciò fa ritenere che incentivi volti al miglioramento del livello di custodia cui è sottoposto il bestiame, potrebbero risultare estremamente utili nel contenimento dei danni.
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